Anna scrive ed è lei che cucirà le storie delle altre. Scrive con le dita e nella mente. Scrive per il giornale e scrive per se stessa, lasciando che i personaggi dei suoi racconti le facciano visita in ogni momento della giornata: alla guida, la notte, svegliandola di soprassalto, per le strade della città. Raccogliere le loro storie e darvi una forma è ciò che, ne è sicura, potrebbe renderla completa. Raccontare la verità di ogni indagine è quel che deve fare come persona e come donna. Fin da quando è bambina vede le amiche della madre parlare tra di loro, ridendo o sussurrando, protette dalle pareti del salotto della sua casa. Ancora oggi ne conserva l’immagine: un circolo di donne in cui anche lei si sentiva coinvolta mentre respirava la magia delle confidenze.
In Bosnia, oltre a Nunzia e Raffaella, Anna incontra e intervista una donna che, trentacinque anni prima, lì nella sua terra ha dovuto compiere un’azione terribile, spinta dalla miseria e dall’amore. Mentre la vede tagliare i rami secchi del suo melograno, quei rami che non possono dare frutti e che portano via linfa vitale agli altri, Anna ripensa ai rami secchi del suo passato che credeva ormai ridotti in polvere o cenere, mentre in verità sono vivi e vibranti e sono pronti, finalmente, a fiorire e a mettere nuove e inaspettate radici familiari.
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