Tu, che eri proprio lì, di fronte ai miei occhi e che ancora non potevi ascoltarmi. Tu, che ignoravi ancora la vita, perché non sapevi di esser viva, eppure eri lì.
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C’è un momento in cui il mondo cambia per sempre. È quando una vita minuscola si affaccia all’esistenza e ridefinisce il tempo, i sogni, il senso stesso delle cose.
Massimo Baldi ci accompagna in un viaggio intimo e struggente attraverso la paternità, un viaggio fatto di attese trepidanti, notti insonni colme d’amore, sorrisi da custodire per sempre. Ogni capitolo è un frammento di vita, un ricordo che si fa emozione, un abbraccio che rimane impresso nell’anima. L’autore ci racconta con delicatezza e autenticità il legame unico tra un padre e le sue figlie, la scoperta quotidiana della bellezza nelle piccole cose: il primo battito ascoltato su un’ecografia, una carezza sulla guancia, il brivido di un saggio di danza, un sorriso dietro una mascherina.
“Ogni piccolo passo” è un libro che scalda il cuore, un tributo all’amore puro e alla magia dei ricordi che ci rendono ciò che siamo. Una lettura che farà sorridere, riflettere e – inevitabilmente – commuovere.
Tu, che eri proprio lì, di fronte ai miei occhi e che ancora non potevi ascoltarmi. Tu, che ignoravi ancora la vita, perché non sapevi di esser viva, eppure eri lì.
ANNO DI PUBBLICAZIONE | Maggio 2025 |
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ISBN | 9788832195996 |
Genere | Narrativa |
Pagine | 146 pagine |
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Massimo Baldi è nato nel 1977 a Pistoia, dove tuttora vive e lavora come medico. Si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Firenze nel 2003, con il massimo dei voti e lode, per poi specializzarsi in Cardiologia presso lo stesso Ateneo nel 2008. In passato ha svolto attività di ricerca clinica, essendo autore e coautore di scritti scientifici di rilievo nazionale ed internazionale. Qui invece lo possiamo trovare nella veste di scrittore.
La fanciulla e la luna… e altre filastrocche è una raccolta di filastrocche, o componimenti poetici, che Massimo dedica in primis alle sue due bambine che, come lui stesso ammette, gli hanno “insegnato a volare”..
Lasciando vagare l’immaginazione e divertendosi a far rime, l’autore, con questi suoi scritti, ha cercato di veicolare valori importanti di vita, quali l’amicizia, l’amore, il rispetto per il prossimo e la tolleranza, nelle sue diverse forme.
Pochi anni dopo lo scoppio della pandemia in Italia, l’esorcista Don Davide viene inviato come parroco nella cittadina abruzzese di Atri, per indagare sulla presunta possessione di Sara, moglie di Aurelio Angiolieri, importante avvocato e parlamentare. Dopo l’esorcismo, uno specchio antico, appartenuto da sempre alla famiglia Angiolieri, si impregna di una strana presenza: chiunque lo osservi vede il proprio riflesso animarsi e gettargli contro peccati e sensi di colpa.
Potrebbe essere opera del diavolo o semplicemente la proiezione del subconscio di chiunque si guardi allo specchio?
Proprio questa domanda finirà per generare conflitto e intrecciare le vite apparentemente slegate dei protagonisti: il Papa, il Segretario di Stato Vaticano, i figli di Sara e Aurelio e l’esorcista stesso, relativista e oppositore della visione dogmatica della Santa Sede.
Quando muore, Ciccitta Lampis lascia la nipote Lia e le figlie Ruth, Ester e Noemi in condizioni economiche difficili. Dopo una lunga riflessione, l’unica soluzione possibile sembra la vendita del numero venti, un edificio lungo la via principale del paese, di proprietà della famiglia da generazioni. Ma l’arrivo di Giorgio Albert da Parigi stravolgerà ogni piano: prima del decesso, Ciccitta ha firmato con lui un contratto di locazione perché possa aprirvi una libreria. La follia del progetto oltraggia tutto il paese: leggono in troppo pochi a Santa Gisa perché possa avere successo.
Sullo sfondo di un piccolo centro del sud ovest sardo, il numero venti si farà crocevia di romanzi e di tradizioni perdute che non solo ricorderanno alle Lampis quanto della loro storia abbiano messo da parte, ma faranno soffiare impetuoso il vento del cambiamento su una comunità che ha dimenticato sé stessa.
A centocinquanta anni dalla nascita di Grazia Deledda, Mezzo giro di velluto omaggia le atmosfere e i personaggi di Canne al vento, raccontando con un tocco di realismo magico il velo sottile che separa la vita e la morte.
Africa è un nome scritto da oltre un secolo nel destino di molte famiglie di Roasio, un piccolo paese in provincia di Vercelli.Alessandro Testa, ventenne ambizioso, abbandona l’Italia per raggiungere il fratello maggiore in Nigeria.
Sono gli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale e quei ragazzi rappresentano, con l’avventura nel sangue e il coraggio nel cuore, quella generazione di giovani che sono emigrati per cercare qualcosa di nuovo.
Ma in un contesto storico mondiale così incerto, abbandonare la patria è un enorme azzardo. Gli italiani partiti per l’Africa nei primi anni del XX secolo andavano incontro all’ignoto, alle malattie e alla solitudine, prendendo poi consapevolezza di come il loro destino fosse affidato al vero sovrano del continente; a quel sole che, senza curarsi delle sorti degli uomini, sorge ogni giorno celebrando il trionfo di una natura tanto potente da prendere il sopravvento su tutta la razza umana.
Di quei ragazzi, pochi hanno fatto fortuna, molti sono tornati a casa sconfitti, altrettanti sono morti e qualcuno è diventato uomo.
Matteo è un pittore schivo e solitario, con alle spalle un passato di cui non parla volentieri. Vive di lavori saltuari e ha un’unica amica, Claudia, che lo accetta così com’è, senza fare troppe domande.
Stella è un’ostetrica che si è appena lasciata col suo fidanzato e conduce una vita tranquilla e ordinaria. Ha fin da piccola il dono della premonizione e fa sogni e visioni che regolarmente si avverano. Un giorno Matteo la vede mentre cammina per strada nel centro di Modena. Il colpo di fulmine è immediato e lui la segue per cercare di conoscerla.
Ma quello che a prima vista sembra un incontro casuale, si rivela ben presto un preciso disegno del destino, di cui solo uno dei due è in parte consapevole.
Un destino che affonda le sue origini nella Modena del 1630, flagellata dalla peste e dagli orrori della Santa Inquisizione, quando per una donna essere bella e conoscere i poteri delle erbe mediche significava inevitabilmente avere addosso il “marchio del Diavolo” ed essere additata come strega.
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